Forse bisognerebbe definirlo Servizio In-Sanitario Nazionale, quello che compiendo il 40° anno e ispirato al raggiungimento del diritto alla giustizia e all’eguaglianza delle cure, lo vede oramai al crepuscolo della sua storia.
Con le recenti richieste di autonomia avanzate da diverse Regioni, le stesse potranno cantare e suonare la sanità che vogliono, con poteri esclusivi su: personale, farmaci, governance, fondi integrativi, tariffe, servizi, formazione.
Dunque, lo Stato abdica al proprio ruolo di garante mantenendo per sé una cornice, quella dei L.E.A. (Livelli Essenziali di Assistenza), che a ben guardare, a tutt’oggi non sono erogati e rispettati in maniera uniforme in tante regioni del Paese. In Sicilia, ad esempio, come ho avuto modo di scrivere in passato, i livelli essenziali risultano essere livelli eventuali di assistenza.
Una cornice, dunque, lacerata e frammentata che, cerca di sostenere un quadro sanitario indefinito e fosco, nel quale ogni Regione potrà privatizzare i propri servizi, potrà fare contratti su misura per i propri operatori, potrà gestire la sanità con aziende uniche, centralizzate, o di altro tipo, potrà avere propri operatori specifici, potrà formare il personale come riterrà opportuno.
Ciò, rappresenta l’ultimo atto del servizio sanitario nazionale, nel quarantennale della sua nascita. Si spegne definitivamente l’idea di universalità e la possibilità di curare equamente le persone secondo le loro personali necessità. Muore il finanziamento solidale, quel modello perequativo che, attraverso il fisco finanzia in modo giusto i bisogni di salute dei poveri e dei ricchi. Estremo addio, al contenuto di civiltà contenuto nell’art. 32 della Costituzione.
Saranno vanificati tutti gli sforzi finora fatti dalle Regioni provenienti da rigorosi piani di rientro, certamente giusti, che negli ultimi anni, hanno visto comprimere posti letto e servizi di sanità pubblica, ma che saranno lasciati al proprio destino fuori dal principio solidale e perequativo che una sanità pubblica degna di questo nome dovrebbe mantenere.
Nel complesso, insomma, un quadro dipinto da venti pittori diversi, tante quante sono le Regioni, ma con un unico colore predominante, ossia il nero delle tasse che ogni Regione potrà ovviamente porre in essere, perché l’unica condizione posta a questa “follia” è che tutto avvenga per lo Stato a “costo zero” cioè che le regioni si paghino le spese. Un costo zero che sarà pagato a caro prezzo dai cittadini del nostro Paese.
Tutto questo avviene, con un governo giallo/verde, che si disputa a suon di contraddizioni, lo spazio politico disponibile, con una sinistra alla deriva, disgustosamente compromessa, che ha venduto da tempo l’anima al pensiero neoliberista.
Nel programma di governo, c’è una contraddizione grande come una casa, da una parte si prevede il regionalismo differenziato ma dall’altra si ribadisce il valore irrinunciabile del servizio sanitario nazionale solidale e universale.
Credo che in questa faccenda, il ministro Grillo avrebbe potuto e dovuto mediare, avanzare delle proposte, trovare compromessi, fare alleanze. Anziché rimuovere la contraddizione con soluzioni alternative, ha preferito rimanere nella penombra proiettata dal mostro a due teste dell’attuale Governo.
Mentre la solidarietà muore, nello stesso tempo, in sanità si cancellano anche i diritti dei lavoratori, con la sottoscrizione di un contratto di comparto, basato sulla deregolazione del lavoro, un miserevole riconoscimento economico e ambigue prospettive di avanzamento di carriera, in cambio però riconosce agli operatori sanitari pubblici, la facoltà di farsi una mutua per loro e i loro famigliari contro loro stessi, cioè una mutua che integri ciò che loro fanno. Un paradosso nel quale, forse, anche Pirandello non si sarebbe mai spinto.
Sarà, dunque, un’offerta sanitaria disarticolata, quella che si prospetta, non consentendo cure adeguate e accessibili a migliaia di bisognosi nel territorio nazionale, una ottusa involuzione civile che, rischia di frantumare la sanità pubblica e dove le differenti offerte dei Sistemi Sanitari Regionali non consentiranno una crescita e un miglioramento omogeneo in termini di adeguatezza ed efficacia delle cure.
Insomma, c’è qualcosa di insano e di perverso in tutto questo, anziché costruire il cosiddetto quinto pilastro, che ridefinisca e affronti il concetto di cura e i bisogni delle persone, in una società sempre più complessa, si demolisce tutto, finanche le fondamenta.
Emilio Benincasa
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