Non è la terra a tremare, ma il settore dialisi. Ai domiciliari imprenditori e sanitari tra cui anche un infermiere catanese.
Con l’operazione Bloody Money la Guardia di Finanza ipotizza di aver smascherato uno scellerato giro d’affari costruito sulla pelle di deboli dializzati. Da una parte troviamo imprenditori pronti ad incassare quanto più possibile, dall’altra sanitari che si sono lasciati corrompere. Un episodio che sviscera la completa mancanza di etica e professionalità. I sanitari, (dirigenti medici del Garibaldi e del OVE) invitavano i dializzati a scegliere le strutture private, proprietà dei corruttori, facendo leva sulla più grande debolezza che un qualsiasi malato ha, la ricerca della cura migliore. I sanitari corrotti, spiegavano ai malcapitati di potere ricevere cure adeguate solo se si fossero rivolti alle strutture private da loro indicate.
Riflettete solo per un minuto, provate a mettervi nei panni del dializzato che combatte una battaglia giornaliera per la sopravvivenza, e una battaglia eterna per non perdere la speranza di un trapianto salvavita. In una condizione del genere, proprio i sanitari che ti prendono in cura ti confidano che l’ospedale non è in grado di assisterti al meglio. Ti hanno rubato la possibilità di scegliere, ti hanno sottratto la libertà. Questo meccanismo garantiva ai sanitari assunzioni riservate e gratificazioni in denaro.
Un sistema corruttivo estremamente fruttuoso se si pensa che le due società Daverium e Le Ciminiere si garantivano l’erogazione dei contributi pubblici, quantificabili in 40.000 euro annui per paziente. Inoltre entrambi i centri, col tempo, hanno tratto beneficio da queste pratiche, ricavandosi una posizione dominante nel settore dialitico privato della Sicilia orientale.
Dalle intercettazioni telefoniche sono emersi dettagli inquietanti: le persone dializzate – circa una quaratina di soggetti – venivano considerate come “regali” o “numeri da portare”, ovvero un obiettivo economico che alla fine di ogni anno si doveva necessariamente raggiungere.
Un business che stava espandendosi con un progressivo aumento dei flussi della spesa pubblica, erogati per il rimborso delle prestazioni effettuate dai centri privati.
L’indagine condotta da luglio 2014 ad aprile 2015, circa un mese fa ha visto scattare le manette ai polsi degli imprenditori e sanitari del Catanese. Assicurati gli imputati agli arresti domiciliari, la magistratura ha continuato le sue indagini.
Notizia di una quindicina di giorni fa quella che ha visto aggravarsi la posizione di un infermiere del OVE . Il ritrovamento nella casa di un primario già sotto custodia cautelare, di documentazione comprovante il passaggio di 100 mila euro a favore dell’infermiere da parte di un centro dialisi, ha convinto il magistrato a modificare da interdizione ai domiciliari la misura cautelativa nei confronti del collega.
Una storia amara, che offende ogni professionista impegnato continuamente a fare bene il proprio lavoro. Una storia che non andrebbe mai scritta, ma che purtroppo ci vede protagonisti come sanitari e peggio ancora, come categoria.
Sono questi episodi che ci fanno fare la corsa del cavalluccio marino. Il buon lavoro della maggioranza dei professionisti sanitari viene offuscato da questi momenti cupi. I passi fatti in avanti con tanti sacrifici vengono cancellati, tornando indietro in modo illogico come solo un ippocampo sa fare.
Attendiamo le sentenze di questa bruttissima vicenda.
da sudpress e livesicilia
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